Che rapporto hanno i giovani italiani con la fede? Quali sono le loro credenze e i loro atteggiamenti nei confronti della religione? Ancora oggi la maggior parte delle ragazze e dei ragazzi italiani è socializzata alla religione cattolica, dal battesimo fino al sacramento della confermazione: com’è vissuta questa esperienza? Quale valutazione ne danno i giovani una volta terminata? Sappiamo che molti di loro, una volta concluso il percorso di iniziazione cristiana si allontanano dalla fede ma ancor più di frequente dalla religione e dalla Chiesa. Quali ne sono i motivi? E quali esperienze e cammini possono portare a un riavvicinamento? Quali caratteristiche sono proprie dei giovani credenti a confronto con quelli che non si dichiarano tali? È proprio vero che la secolarizzazione ha investito e fatto suoi i percorsi di vita delle nuove generazioni?

 

Sono queste solo alcune delle domande che la ricerca, presentata martedì 25 novembre nel corso di un workshop tenutosi alla Sala Negri da Origgio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si è posta e per rispondere alle quali ha interpellato – tra il 2013 e il 2014 – 150 giovani, ragazze e ragazzi, tutti battezzati, di due fasce d’età comprese tra i 18 e i 29 anni, diversificati in base alla loro provenienza territoriale e al titolo di studio. Le ragazze e i ragazzi intervistati hanno raccontato con le loro parole la loro esperienza e il loro vissuto, dando conto delle proprie conoscenze e del proprio modo di vivere la fede e la religione, mostrando le luci e le ombre di questa sfera di vita, evidenziando i problemi e le loro eventuali soluzioni, cercando di recuperare i percorsi della loro ricerca di senso. Se in questa fase della ricerca si è cercato di differenziare al massimo le esperienze di credenza e di appartenenza, in una seconda fase si è scelto di concentrare l’attenzione su coloro che, tra gli intervistati, avevano dichiarato di essere credenti, per approfondire con loro – più da vicino – gli aspetti del vissuto della fede e dell’appartenenza religiosa.

 

Oltre alle loro testimonianze, la ricerca ha raccolto anche le risposte di 1663 nuovi reclutati nel panel fra fine 2013 e inizio 2014 tra i 18 e 29 anni di età, che hanno potuto evidenziare e dare una dimensione alle caratteristiche che distinguono i giovani che si dichiarano cattolici credenti da quelli che si dichiarano non credenti. Qui di seguito alcune brevi suggestioni nate dall’analisi dei testi, che possono essere utili come introduzione a una più estesa presentazione e discussione sui temi d’indagine.

 

I percorsi dell’iniziazione cristiana sono spesso segnati dalla percezione di un’imposizione (proveniente dalla famiglia di origine) che “costringe” dentro regole e norme. L’appropriazione e dunque i processi di interiorizzazione delle credenze possono risentire di tale percezione e tale vissuto e mancare il loro perfezionamento, contribuendo all’allontanamento che continua fisiologicamente a posizionarsi nell’età della post-iniziazione, principalmente tra i 13 e i 16 anni.

 

Il distacco è a volte duraturo e permane negli anni, portando con sé razionalizzazioni e sentimenti, ma anche chi oggi si dichiara credente ha spesso vissuto e affrontato periodi di crisi, seguiti da traiettorie di riavvicinamento personali, individualizzate, da loro definite mature e adulte. Nella loro esperienza, fanno comunque fatica a dire oggi di essersi veramente staccati in passato. Con Dio – nonostante tutto, e anche nel conflitto – si rimane comunque in contatto, ci dicono questi ragazzi. Forse più che di abbandoni si potrebbe parlare di latenze della fede. Può essere la comunità, peraltro, a “recuperare alla fede”, per esempio affidando nuove responsabilità. Ma molti sono i modi dell’allontanarsi e anche del riavvicinarsi, segnati spesso da chiari distinguo tra la fede e l’istituzione che la rappresenta.

 

Il rapporto con la divinità assume forme diverse e segnate anche dal processo di individualizzazione e personalizzazione tipico della società italiana attuale. Un dio-fai-da-te, un certo grado di sincretismo, alcuni elementi new age sono presenti ma non prevalenti, spesso mescolati alla riflessione sulla ricerca del senso della propria esistenza, in un mix culturale tipico della contemporaneità mediale.

 

I giovani italiani battezzati si sentono vicini al sacramento del battesimo, lo considerano “di valore”, una promozione dell’essere umano, un riconoscimento della persona che può addirittura prescindere dalla credenza; ma i giovani si sentono lontani dalla confessione, e privilegiano il rapporto personale con Dio.

 

Le criticità maggiormente sentite sono spesso relative alla percepita sclerosi delle strutture religiose, alla lontananza dell’istituzione chiesa da ideali di pulizia, povertà, giustizia che i giovani vorrebbero lì trovare e che scoprono nella figura di Papa Francesco e nelle grandi figure del Novecento, come la Beata Teresa di Calcutta e San Giovanni Paolo II. Critiche sono le tematiche dell’etica familiare e sessuale, quelle della bioetica, quella del ruolo della donna nella chiesa. Ma l’attualità di queste questioni, che non sfugge ai giovani, non intacca, nei credenti, la fede, facendo comunque sorgere delle domande alle quali stentano a dare risposte convincenti.

 

Tra i credenti, in particolare, Il vangelo, la croce, Maria, lo Spirito santo sono persone e simboli vivi nella fede dei giovani credenti, rimandano a temi e questioni centrali della loro vita religiosa, la guidano e la informano.

 

La fede è attuale. Nelle loro testimonianze, i giovani credenti cambiano e fanno cambiare anche la fede ma negli aspetti di diffusione – trasmissione e non nella sostanza, che non cambia e non può cambiare. La fede per loro non è debolezza ma forza perché coscienza dei propri limiti percepita e riconosciuta nel bisogno dell’affidamento.

 

I giovani che si dichiarano cattolici hanno anche altre caratteristiche che li distinguono dai non credenti e altre che condividono con tutti i coetanei. Dall’indagine quantitativa che è stata condotta, si evince che alcune delle loro peculiarità riguardano il rapporto e la concezione stessa della famiglia, dalla quale, più di coloro che si dichiarano non credenti, dicono di ricevere comprensione e appoggio, libertà e autonomia, possibilità di espressione e di scambio. Pensano alla famiglia come il luogo dell’apprendimento dei valori e come rifugio dal mondo ma anche come una forma di convivenza che permette l’apertura verso il mondo, credono al matrimonio come istituzione  e desiderano, più dei non credenti, costruire una famiglia d’elezione con un numero elevato di figli. Dichiarano, inoltre, un maggior grado di fiducia negli altri.