Solo il 14% dei Millennials ha già iniziato a informarsi sui programmi dei partiti e il 53% boccia la politica italiana

I DATI DEL RAPPORTO GIOVANI

I giovani (e giovani-adulti) intervistati a pochissime settimane di distanza dalle elezioni politiche del 4 marzo mostrano una grande incertezza sia sulla decisione di andare a votare sia sul simbolo da indicare sulla scheda.

Circa il 30% è sicuro di andare a votare ed è convinto sulla preferenza da dare. Uno scarso 15% sa già chi voterà, anche se non si sente pienamente rappresentato dal partito che indicherà. La grande maggioranza è indecisa. Chi è assolutamente certo che non andrà a votare è il 5% degli intervistati. Il 14% è fortemente tentato a non andarci. Si aggiunge a questi un 9% che pensa di andare al seggio solo se nelle ultime settimane troverà proposte davvero convincenti (si sale al 13% tra chi non trova lavoro). In totale si tratta di un 28% che potrebbe con buona probabilità disertare il voto.

Tra chi non ha ancora le idee chiare su chi votare ma considera la partecipazione elettorale un valore in sé è pari al 17,3% (si sale al 22% tra gli studenti). Chi pensa di usare il voto più che a favore di un partito, con l’obiettivo di non far prevalere forzeche considera dannose è oltre 1 su 10 (11,2%).

È quanto emerge da un’indagine promossa dall’Istituto Toniolo nell’ambito del Rapporto Giovani e realizzata da Ipsos dall’1 al 9 febbraio su un campione rappresentativo di 2.225 residenti italiani tra i 20 e i 35 anni (generazione dei Millennials) in collaborazione con Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo.

Rispetto ai temi della campagna elettorale, quelli che possono, se trattati in modo convincente, incidere sulla decisione del voto sono soprattutto due: gli incentivi per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e la politica fiscale (tassazione, sgravi, ecc.). Il primo è indicato da quasi un intervistato su tre (32%, i più sensibili sono tra i più giovani, con una percentuale superiore al 43% e i disoccupati per i quali si sale al 36%), il secondo da quasi uno su quattro (23,5%, qui invece sono i lavoratori i più interessanti, la percentuale nel loro caso sale al 29%). I temi più urgenti sono quindi quelli legati al lavoro e agli aspetti economici che raccolgono oltre la metà dei consensi.

Segue al terzo posto la distribuzione di risorse tra generazioni (10,2%). Solo il 13% dei Millennials intervistati ha già iniziato a informarsi sui programmi dei partiti, un dato in coerenza con l’alta incertezza già vista dei giovani rispetto alla decisione sul recarsi alle urne e su chi votare.

Una percentuale analoga, all’opposto, non sente nessun interesse (in larga parte si tratta di quelli che non andranno a votare). Un altro 11,5% ritiene poco rilevante il contenuto dei programmi sulla decisione del voto. I disinteressati alle proposte elettorale delle forze politiche sono nel complesso sono 1 su 4.

Tra gli altri prevale (40% circa) la posizione di chi pensa sia utile farsi un’idea, ma non è del tutto certo che lo farà. Un 22% afferma, invece, che prima delle elezioni senz’altro leggerà i programmi. Rispetto alle fonti di informazione, prevale quella più semplice, ovvero l’ascolto delle interviste dei candidati in televisione e i dibattiti televisivi (28%). Alta è anche  l’informazione sui siti internet qualificati (24,1%, si sale al 36% per i laureati). Le opinioni di parenti e amici sono la fonte più importante per il 12,2%). Seguono su valori più bassi (sotto il 10%) la radio e la carta stampata. In fondo i social network (5,9%). Questo valore basso dei social network testimonia quantomeno la consapevolezza della scarsa qualità dell’informazione veicolata e l’alta presenza di fake news.

Alla base di tutto sta uno scarso interesse per come è oggi la politica in Italia. A bocciarla è oltre la metà dei giovani (53% circa). Ci sono però rilevanti differenze per titolo di studio e in particolare rispetto alle condizioni in cui i giovani si trovano. Gli studenti, non ancora confrontati con le difficoltà del mondo del lavoro, pur avendole presenti essendo molto discusse nel dibattito pubblico, tendono ad essere molto più favorevoli (voto positivo per circa il 60%, anche se solo 1 su 5 promuove con voti elevati). Chi ha un lavoro (spesso non del tutto coerente con la propria formazione e con retribuzioni medio-basse) è molto più critico (i voti positivi scendono al 46% circa). I Neet (chi non studia e non trova lavoro) sono i più severi: solo il 36% promuove la politica italiana attuale. Per oltre il 40% è da bocciare senza appello.

«Questi dati mostrano una grande incertezza, a pochi giorni dal voto, rispetto alla decisione di recarsi alle urne, fortemente legata anche alla scelta del partito o del movimento da indicare sulla scheda – ha detto Alessandro Rosina, curatore dell’indagine, docente di Demografia e Statistica Sociale all’Università Cattolica -. Molti devono ancora informarsi sui programmi e sulle proposte. Appiano comunque in larga misura ben disposti, pur se in larga parte disillusi, a farsi convincere nel caso di proposte davvero concrete e convincenti. È verosimile quindi che molti decideranno negli ultimissimi giorni. I dati evidenziano anche come la possibilità di recuperare un rapporto più virtuoso con la politica ci sia e passa attraverso un riscontro più positivo e diretto rispetto alla sua capacità di migliorare le condizioni delle nuove generazioni, a partire dalla formazione, passando per il lavoro e arrivando a piena realizzazione dei propri progetti di vita»

Leggi il comunicato stampa

 

Il giudizio generale sul Governo uscente è negativo per il 51,1%, ma sale al 56,2% se il giudizio è chiesto sull’operato nel migliorare le condizioni delle nuove generazioni.

Rispetto alle coalizioni in campo, l’aspettativa prevalente è che a raccogliere più voti sarà il centrodestra alle elezioni del 4 marzo.

Se si chiede verso chi si ripone invece più fiducia pensando al futuro del paese, i risultati sono sensibilmente diversi. IL centrodestra raccoglie complessivamente il 14,9%, il centrosinistra lì’11,7%, la sinistra il 5,4%. Più sopra il M5S al 20,4%. Ben il 41,7% che non si sente in grado di assegnare fiducia a nessuna di tale coalizioni.

Solo il 7,7% degli intervistati considera la politica totalmente inutile, irrimediabilmente pensata come esercizio del potere e non a favore del bene comune. Il 21,5% non è del tutto negativo, ma è poco convinto sulla possibilità che possa migliorare il paese. Prevalgono in ogni caso coloro che considerano la politica potenzialmente uno strumento utile (49,8%), mentre oltre uno su cinque (20,9%) ne è pienamente convinto.

«Emerge però un risultato in qualche modo confortante – rileva Andrea Bonanomi, ricercatore di Statistica Sociale dell’Università Cattolica –  ovvero che tra i più giovani (quelli con età inferiore o uguale a 24 anni) la percentuale di coloro che pensano che la politica sia un utile strumento per migliorare la vita dei cittadini sale al 77,9%. In coloro che si stanno affacciando per la prima volta, o chi sono appena affacciati al mondo della politica sembra quindi esserci ancora uno spiraglio di fiducia e di possibilità, che i partiti devono in qualche modo alimentare e tenere vivo con proposte convincenti e credibili, a partire proprio dal tema dell’ingresso nel mondo del lavoro, tema prioritario per gli elettori più giovani»

Più critica diventa la valutazione sull’attuale quadro politico italiano, sia in termini di risultati che ha dimostrato di produrre sia rispetto alla capacità di mettersi in sintonia e di includere le nuove generazioni.

Secondo il 26,2% i partiti attuali non offrono alcun vero spazio di partecipazione e azione delle nuove generazioni. Per quasi il 50% ciò avviene solo in modo limitato. Meno di uno su quattro pensa che opportunità vere di coinvolgimento vengano offerte da almeno una forza politica.

La percezione di apertura più bassa è presentata dalle classi sociali più svantaggiate.

Se però una apertura autentica ed effettiva ci fosse nei confronti dei giovani che vogliono impegnarsi, l’opinione per molti intervistati diventerebbe più favorevole. In tal caso la visione della politica migliorerebbe “abbastanza” per la metà degli intervistati, e “molto” o “moltissimo” per il 24,3%.  Il riconoscimento del miglioramento con un maggior coinvolgimento dei giovani aumenta sensibilmente con il titolo di studio.

Una ampia maggioranza di giovani è quindi aperta verso la possibilità di un maggior coinvolgimento e di un miglioramento della politica.

Lo conferma il fatto che alla domanda ‘Anche se è molto difficile, è ancora possibile per tutti impegnarsi in prima persona per cercare di far funzionare meglio le cose in Italia’

solo il 26% non concorda. Anche chi ha titolo di studio basso concorda in quasi il 70% dei casi, ma si sale al 78% tra i laureati.

NOTA INFORMATIVA

Sondaggio realizzato da Ipsos PA per Istituto Giuseppe Toniolo presso campione casuale rappresentativo dei giovani residenti sul territorio italiano nati dal 1982 al 1997 stratificato per quote di genere per età, livello di scolarità, condizione lavorativa per area geografica di residenza, area geografica di residenza per dimensione del comune di residenza. Sono state realizzate 2.225  interviste (su 8.431 contatti), mediante metodologia mista CATI/CAWI, dall’1 al 9 febbraio 2018. Il documento informativo completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito www.sondaggipoliticoelettorali.it.