di Alessandro Rosina

 

Gli attuali ventenni e trentenni fanno parte della generazione dei Millennials, che viene ritratta in modo omogeneo da ricerche in tutto il mondo con tre “C”. Oltre a essere molto sensibili alle esigenze di “cambiamento” sono molto disponibili a mobilitarsi “combattivamente” per obiettivi di interesse comune. La loro partecipazione è però fluida, legata a temi specifici e poco irreggimentabile nelle tradizionali forme di appartenenza ai partiti. Con essi funziona molto di più il movimento: il mettersi in moto tutti assieme per creare un’onda e vedere l’effetto che fa (quanto può diventare travolgente). Non a caso Grillo ha usato l’espressione “tsunami tour” per la sua campagna elettorale.

 

C’è infine la “c” di connessi. E anche questa caratteristica dei Millennials è stata acquisita come specificità dal M5S, tanto da aver fatto del web il pressoché unico strumento di informazione, incontro, confronto (sperimentando, per ora senza grande successo, anche forme di democrazia partecipativa). Su questo aspetto va considerato che, come confermano i dati Istat e l’indagine “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo, la fruizione della rete tra i ventenni italiani è del tutto in linea con la media europea, mentre l’uso tra i nostri cinquantenni (e oltre) è sensibilmente più bassa.

 

Non si tratta però solo di una questiona quantitativa: anche la qualità è diversa. I Millennials considerano l’informazione online più libera e autorevole, non solo rispetto a quella televisiva, ma anche a quella cartacea. È soprattutto tra essi che crescono i cittadini 2.0, quelli cioè che non usano il web solo per informarsi, ma anche come forma di interazione e di e-partecipation.

 

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