Ph. credits Sander van der Wel
Ph. credits Sander van der Wel

Disoccupati, angosciati, e adesso anche sfiduciati.  Rispetto ai coetanei di Germania, Gran Bretagna, Francia e Spagna, i giovani italiani sono quelli che vedono con maggior preoccupazione la situazione attuale del proprio Paese, e considerano le opportunità che offre sensibilmente peggiori rispetto al resto del mondo sviluppato. Oltre il 75% ha questa opinione. Notevolmente più favorevole,invece, la condizione del proprio Paese agli occhi di  francesi e inglesi. I più “sereni”, va da sé, sono i giovani tedeschi. La Germania presenta tassi di disoccupazione giovanile particolarmente bassi, di conseguenza registra la più bassa quota di giovani che considerano le opportunità in patria inferiori rispetto agli altri (appena l’8,6%).

Sono questi alcuni dati emersi dall’approfondimento internazionale sulla condizione delle nuove generazioni, realizzato a luglio 2015 nell’ambito dell’indagine “Rapporto giovani”. È stato intervistato un campione di mille giovani distribuiti fra Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e Spagna.

Secondo il dossier, negli ultimi trent’anni si sono prodotte due grandi trasformazioni che hanno depotenziato il ruolo delle nuove generazioni italiane. La prima è stata la contrazione della fascia giovanile, dovuta al calo della natalità. La seconda dipende dal mercato del lavoro, dal quale i giovani sono si sono trovati esclusi. Al di là del tipo di contratto e delle modalità di impiego, quella che si è deteriorata è l’opportunità di essere inseriti in processi di crescita, di dimostrare quanto si vale e di veder riconosciuto pienamente tale valore. Di qui, il calo di fiducia che ha colpito le nuove generazioni.

Rispetto a questo scenario non incoraggiante, i giovani italiani non rimangono però passivi. In particolare, possiamo individuare tre possibili strategie di reazione. La prima è quella di un adattamento al ribasso, in attesa che le condizioni possano migliorare. I dati rilevati negli ultimi anni dal “Rapporto giovani” mostrano come sia cresciuta la propensione ad accettare anche un lavoro sotto inquadrato e sotto remunerato, pur di non rimanere inattivi. La seconda consiste nel diventare più intraprendenti: la maggioranza degli intervistati considera potenzialmente più appagante un lavoro gestito in proprio che alle dipendenze. La terza, infine, è l’opzione estero, sempre più battuta.

Scarica il comunicato completo con le tabelle dei dati