Le figure di riferimento dei giovani italiani

Trocaire_CC BY 2.0


I dati proposti in questa pagina sono stati estratti dal volume
La Condizione Giovanile in Italia – Rapporto Giovani 2014”.
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Sono pochi i giovani che non hanno una figura di riferimento nella vita e se non ce l’hanno è perché al momento non l’hanno ancora trovata. Vorrebbero che fosse un amico o un’amica perché riconoscono in questa figura la capacità di ascoltare senza giudicare.
Se si chiede alle nuove generazioni chi sia a ricoprire questo ruolo nella propria vita, la figura, cioè, con cui si confrontano più frequentemente per parlare di sé, per il 33% è la mamma (percentuale che sale al 38% tra le donne e i giovanissimi tra i 18 e i 20 anni). Il 14% risponde il partner, mentre il papà si ferma al 9%. Il 26 % dei favori per un amico vero, seguono professori, educatori e figure religiose con solo l’1% delle citazioni.

 

Se dovessi pensare ad una figura di riferimento nella tua vita, quella con cui ti confronti più spesso per parlare di te, chi diresti?

Figura di Riferimento (Grafico1)

Guardando alle differenze di genere, la mamma rimane in testa alle classifiche per le figlie (38%), mentre per i figli maschi un amico batte di un punto la madre (28% contro il 27%).
L’aiuto maggiore che cercano è quello di chi è disinteressato (22%), che ascolta senza giudicare (21%) e che riesca a far capire loro dove sbagliano (16%) garantendo il massimo della comprensione (16%).
L’amico ascolta senza giudicare (54%) e capisce realmente i problemi da affrontare (42%). La mamma e il partner sono disinteressati e pensano solo al bene del figlio/a o del compagno/a (entrambe al 42%). E’ il partner a trasmettere serenità ed entusiasmo per la vita (35%), il padre è invece simbolo di autorevolezza (30%) e di esperienza (26%).

 

Se dovessi dire perché è lui/lei la tua figura di riferimento, cosa diresti? [analisi per persona di riferimento]

Figura di Riferimento (Grafico2)

Un giovane su venti (il 5%) dichiara di non avere figure di riferimento: il 60% di questi non la trova anche se ne sente il bisogno mentre il 30% pensa di cavarsela da solo.
“Avere uno sguardo educativo sui giovani significa vincere la spinta alla generalizzazione e al pessimismo per assumere invece una prospettiva di fiducia e di promozione delle loro risorse e le loro potenzialità – questo il commento di Pierpaolo Trianiprofessore associato di Didattica Generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione, Università Cattolica del Sacro Cuore -. Una prima parola chiave oggi è certamente fiducia, da non intendersi come ottimismo ingenuo, ma come attenzione alla domanda e alla forza di vita che anima i giovani.
La fiducia interpella l’educazione in due sensi: è necessario metterla in gioco per costruire progetti e relazioni, ma occorre anche promuoverne nei giovani la crescita, nei confronti di loro stessi, degli altri, della vita sociale e civile. Una seconda parola chiave diventa così partecipazione.  I ragazzi e i giovani di oggi sono giustamente interessati alla loro realizzazione, ma spesso la leggono in contrapposizione a quella degli altri. Diventa importante oggi rimettere al centro l’attenzione all’altro, la ricerca di una integrazione tra il bene personale e il bene comune, l’importanza di pensare il futuro non al singolare, ma al plurale. Una terza parola chiave è trascendenza.
L’attenzione alla vita che anima i giovani è abitata da domande di senso che non trovano però spesso parole e interlocutori giuste per essere espresse”.

 

Picture credit: [© Trocaire on Flickr / CC BY 2.0]