Civiltà Cattolica, rivista della Compagnia di Gesù e tra le più antiche e importanti nel panorama culturale italiano, ha pubblicato un articolo (all’interno del Quaderno N° 3932 del 19/04/2014) dal titolo “I giovani italiani e il dramma del lavoro”, citando in diversi passaggi il Rapporto Giovani, la ricerca promossa dall’Istituto Toniolo sulla condizione giovanile in Italia. Ecco un breve sunto dell’articolo:

 

di Francesco Occhetta S.I

 

Il ritratto che i giovani italiani hanno fatto su se stessi, in un recente studio curato dall’Istituto Toniolo (ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) smentisce molte delle narrazioni degli adulti che li ritraggono come apatici, schizzinosi, svogliati e poco impegnati. I giovani diventati maggiorenni dopo il 2000, definiti millenials, non solamenti sono consapevoli della crisi economica e sociale che preclude loro di cullare sogni e desideri, ma in mezzo al “deserto delle opportunità” sono in grado di sperimentare nuove vie, sorprendendo genitori ed educatori. Imparano nuove lingue, diventano presto artigiani digitali, sono autodidatti: attraverso i social network si confrontano con i loro coetanei di diverse parti del mondo e si raccontano non più attraverso scritti o libri, ma con foto e brevi messaggi, in una sorta di connessione continua. E’ il loro modo di vivere il tempo: i giovani investono progetti e risorse nell’eterno presente, senza agosciarsi del futuro. Ne è prova la loro reattività positiva e la voglia di spiccare il volo. Sono tutt’altro che passivi e defilati.

 

(…)

 

Partiamo da un dato. Alla domanda: “Quale dimensione umana può realizzare la tua vita?”, i giovani rispondono mettendo al primo posto la famiglia. Questo dato vale sia per la famiglia di origine sia per quella che desiderano formare. Anzi, la sognano numerosa, con almeno due figli. Soltanto una minoranza di loro (il 5,5% delle ragazze e il 9,3% dei ragazzi) confessa di non volerne sentire parlare. Per il 76,5% dei 9.000 giovani intervistati, la famiglia è concepita come la cellula della società che ha ancora un senso, sia affettivo sia sociale, nonostante essi abbiano sperimentato in prima persona la crisi del fallimento o della ricomposizione delle loro famiglie di origine. Per l’84% di loro la propria esperienza familiare è stata di aiuto nel coltivare le proprie passioni e nell’affermarsi nella vita. L’87,8% trova nella famiglia di origine un sostegno nel perseguire i propri obiettiv. Il tempo di permanenza nella famiglia si allunga. E’ un dato che sembra paradossale, se si pensa che, come scrivono i curatori, “entro una società e una cultura che enfatizza l’autonomia, è divenuto più difficile staccarsi dai legami primari”.

 

 

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