Sono molto lontane dalla politica, non perché non siano informate, ma perché la vedono molto orientata al potere e non a dare risposte concrete. Le donne under 30 non si ritrovano negli attuali modelli femminili che la politica offre tant’è che sono i genitori a ad aver contribuito alla formazione della propria idea politica (il 35,50 % contro il 24,8% dei coetanei maschi ) e non figure istituzionali.

 

E, per questo, preferiscono impegnarsi in attività socialmente utili più dei coetanei maschi.

 

Sono interessate, infatti, a tenersi informate ma non intendono prendere parte all’agone politico (35,2%) e per loro l’obiettivo che l’azione di governo dovrebbe porsi è soprattutto il sostegno alle fasce più deboli della popolazione. E’ quanto emerge dalla ricerca realizzata nell’ambito del Rapporto Giovani (www.rapportogiovani.it) a partire da un campione di 9000 giovani di età tra i 18 e i 29 anni, promossa dall’ Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo.

 

“Non è solo una questione di quote rosa” afferma il professor Alessandro Rosina, coordinatore del Rapporto Giovani “Se non si trasmette alle nuove generazioni femminili, attraverso esempi positivi, l’idea che la politica non è solo gestione del potere ma possibilità di poter davvero incidere sul bene comune e contribuire alla costruzione di un modello di sviluppo più equo e solidale, difficilmente verrà superata l’attuale diffidenza. La crescita del peso femminile nei processi decisionali, come vari studi documentano, aiuta a migliorare non solo la condizione delle donne ma del sistema paese nel suo complesso producendo politiche non solo più attente al benessere sociale, ma anche più efficienti”.

 

Secondo la ricerca la giovane donna di oggi, pur ritenendo in larga maggioranza un valore la famiglia centrata sul matrimonio, non pensa di sposarsi nel breve termine. Per lei la famiglia d’origine è il luogo dove esprimere se stessa, dove si imparano e trasmettono i valori del contesto in cui si vive, è il luogo di apertura allo scambio con gli altri, mentre per i coetanei maschi la famiglia è vivere semplicemente insieme. Ed è sempre la famiglia ad avere aiutato le donne a stare bene con gli altri e a raggiungere i propri obiettivi, a rispettare le regole, è stata importante per decidere quale partito votare o se credere in Dio o no più che per gli uomini della stessa età. Il 63,6% delle donne under 30 italiane non si vede sposata a breve termine, anche se solo il 29,8% lo esclude del tutto, mentre il 48,5 esclude certamente che avrà figli entro i prossimi 3 anni. Più che per gli uomini il lavoro è da loro considerato un luogo per realizzarsi e di impegno personale oltre a essere un modo per costruirsi un futuro.

 

Il 39% delle giovani donne è disponibile a trasferirsi in un’altra città d’Italia e il 33% all’estero per trovare lavoro. Il 59,3% non si è mai impegnato nel volontariato, mentre il 93,1% non è politicamente attivo. Delle giovani donne, uscite di casa per studio, il 45,7 % è rientrato al termine del periodo legato agli studi (31,1 % per i maschi), mentre l’11,6% perché è finito il periodo di lavoro, percentuale che sale al 30,2 % per i coetanei. Il 61,2% delle donne intervistate ha dichiarato di essere credente cattolica, il 12 % non crede in nessuna religione o filosofia trascendente, il 9,7% crede in un’entità superiore, ma non fa riferimento a nessuna religione.

 

“I dati sulla bassa propensione al matrimonio sono l’esito di due fattori – continua il professor Alessandro Rosina -. Il primo fattore, caratteristico delle società moderne avanzate, è legato alla posticipazione delle tappe di transizione alla vita adulta. Mentre in passato era comune per una donna formare una propria famiglia ed avere figli prima dei 25 anni, ora l’investimento in formazione e l’attenzione alla costruzione di un percorso professionale, fanno rinviare tali scelte più vicino alla soglia dei 30 anni e oltre. Il desiderio di realizzarsi anche formando un’unione di coppia con figli rimane però alto. La maggioranza dichiara, infatti, di desiderare di avere nel complesso almeno due figli e considera il matrimonio una tappa importante anche se non più cruciale come in passato. Il secondo fattore è, invece, da ricondurre alle difficoltà delle nuove generazioni sul mercato del lavoro, accentuate dalla combinazione tra crisi e carenza di politiche attive e di conciliazione. Se non si interviene soprattutto su questo punto il rischio è che il rinvio si trasformi, per molte di esse, progressivamente in rinuncia”.