Sono pochi i giovani che non hanno una figura di riferimento nella vita e se non ce l’hanno è perché al momento non l’hanno ancora trovata. Vorrebbero che fosse un amico o un’amica perché riconoscono in questa figura la capacità di ascoltare senza giudicare. Se si chiede alle nuove generazioni chi sia a ricoprire questo ruolo nella propria vita, la figura, cioè, con cui si confrontano più frequentemente per parlare di sé, per il 33% è la mamma (percentuale che sale al 38% tra le donne e i giovanissimi tra i 18 e i 20 anni). Il 14% risponde il partner, mentre il papà si ferma al 9%. Il 26 % dei favori per un amico vero, seguono professori, educatori e figure religiose con solo l’1% delle citazioni.

 

E’ quanto emerge dall’approfondimento su 1.638 giovani, realizzato nell’ambito del  Rapporto Giovani  (www.rapportogiovani.it), la ricerca dell’Istituto Giuseppe Toniolo sui giovani dai 18 ai 30 anni, e resi noti, oggi, martedì, in occasione del XIII Congresso della Cei per la Pastorale Giovanile “Tra il porto e l’orizzonte” in corso a Genova. A presentare tutti i risultati, Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, cui è affidata la rilevazione avviata dall’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, e Pierpaolo Triani, docente all’Università Cattolica, fra i curatori della ricerca.

 

Guardando alle differenze di genere, la mamma rimane in testa alle classifiche per le figlie (38%), mentre per i figli maschi un amico batte di un punto la madre (28% contro il 27%). L’aiuto maggiore che cercano è quello di chi  è disinteressato (22%), che ascolta senza giudicare (21%) e che riesca a far capire loro dove sbagliano (16%) garantendo il massimo della comprensione (16%). L’amico ascolta senza giudicare (54%) e capisce realmente i problemi da affrontare (42%). La mamma e il partner sono disinteressati e pensano solo al bene del figlio/a o del compagno/a (entrambe al 42%). E’ il partner a trasmettere serenità ed entusiasmo per la vita (35%), il padre è invece simbolo di autorevolezza (30%) e di esperienza (26%). Un giovane su venti (il 5%) dichiara di non avere figure di riferimento: il 60% di questi non la trova anche se ne sente il bisogno mentre il 30% pensa di cavarsela da solo.

 

“Avere uno sguardo educativo sui giovani significa vincere la spinta alla generalizzazione e al pessimismo per assumere invece una prospettiva di fiducia e di promozione delle loro risorse e le loro potenzialità – questo il commento di Pierpaolo Triani  professore associato di Didattica Generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione, Università Cattolica del Sacro Cuore -. Una prima parola chiave oggi è certamente fiducia, da non intendersi come ottimismo ingenuo, ma come attenzione alla domanda e alla forza di vita che anima i giovani. La fiducia interpella l’educazione in due sensi: è necessario metterla in gioco per costruire progetti e relazioni, ma occorre anche promuoverne nei giovani la crescita, nei confronti di loro stessi, degli altri, della vita sociale e civile. Una seconda parola chiave diventa così partecipazione.  I ragazzi e i giovani di oggi sono giustamente interessati alla loro realizzazione, ma spesso la leggono in contrapposizione a quella degli altri. Diventa importante oggi rimettere al centro l’attenzione all’altro, la ricerca di una integrazione tra il bene personale e il bene comune, l’importanza di pensare il futuro non al singolare, ma al plurale. Una terza parola chiave è trascendenza. L’attenzione alla vita che anima i giovani è abitata da domande di senso che non trovano però spesso parole e interlocutori giuste per essere espresse”.

 

GRAFICI:

 

Domanda: Se dovessi pensare ad una figura di riferimento nella tua vita, quella con cui ti confronti più spesso per parlare di te, chi diresti?

 

 

Domanda: E se dovessi dire perché è lui/lei la tua figura di riferimento, cosa diresti – analisi per persona di riferimento