Una «sussidiarietà rovesciata, in cui le famiglie “sostituiscono” lo Stato, non potrà tenere a lungo. La soluzione è riscoprire un welfare plurale e promozionale, una nuova alleanza tra famiglie e stato, in cui la resistenza della famiglia sia sostenuta nella sua “normale fatica della vita quotidiana”».  Sono le parole di Francesco Belletti, Direttore del Cisf (Centro Internazionale Studi Falgilia) di Milano, dal 2009 Presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari e consultore del Pontifico Consiglio per la famiglia.

*Immagine di Freepik

 L’INTERVISTA

1) Dal Rapporto Giovani emerge che i giovani italiani vorrebbero almeno tre figli. E’ un dato atteso o la stupisce?

La differenza tra figli desiderati e figli realmente avuti è una costante degli ultimi decenni, e il Rapporto Giovani conferma che anche le nuove generazioni, interpellate nel pieno di una crisi così dura, nonostante la negatività del clima complessivo, continuano a credere che avere figli – che avere più figli! – sia una scelta positiva, sia un progetto, sia un bel desiderio. E poi si scontrano con una società (politica, fisco, economia, media) che rende la nascita di un figlio un fattore di “rischio povertà”.  Ai giovani spetta mettere in gioco speranza e progetto sul futuro, e la ricerca conferma che i nostri giovani ci stanno, a questo gioco; alla società spetta offrire le condizioni perché questa speranza e questi progetti possano accadere. E su questo è proprio la società a tradire.

2) La crisi morde e le statistiche dicono che il rifugio rimane la famiglia. Ma fino a quando si può contare sulla famiglia?

Le relazioni familiari tengono in modo ancora sorprendente, soprattutto nel nostro Paese, nonostante molti e crescenti segnali di fragilità (nel 2011 ci sono state quasi 90.000 separazioni!). Soprattutto i compiti di cura e solidarietà reciproca vengono assolti con grande tenacia. Anzi, la famiglia getta ponti di solidarietà e reciprocità proprio nelle relazioni tra generazioni, riempiendo un vuoto della società e della politica. Cos’altro è il crescente debito pubblico, se non un tradimento rispetto al patto di solidarietà con le generazioni future? Se il Paese oggi spende più di quello che produce, oggettivamente scarica il debito sui propri figli, sul proprio futuro. Invece proprio in famiglia le generazioni giovani di fatto possono contare sui propri genitori e sui propri nonni per costruire il proprio futuro, o anche per superare un presente di precarietà lavorativa, di scarse politiche di promozione, di impoverimenti dell’offerta formativa istituzionale.Però questa “sussidiarietà rovesciata, in cui le famiglie “sostituiscono” lo Stato, non potrà tenere a lungo. La soluzione è riscoprire un welfare plurale e promozionale, una nuova alleanza tra famiglie e stato, in cui la resistenza della famiglia sia sostenuta nella sua “normale fatica della vita quotidiana”. Ad esempio, un fisco a misura di famiglia proteggerebbe tante famiglie dal rischio povertà.

3) Cosa manca veramente a sostegno della famiglia?

Oggettivamente non si può non partire dalle colpe della politica, nel campo delle politiche familiari. Solo quest’anno, il 7 giugno 2012, per la prima volta il Governo – paradossalmente un Governo “non politico” – ha approvato un “Piano nazionale per la famiglia”, un documento organico che afferma che le politiche familiari non sono un’azione residuale, su categorie ristrette, ma devono diventare una priorità nell’agenda dello sviluppo del Paese. Peccato che dal Piano sia stata totalmente cancellata la riforma del sistema fiscale (parte essenziale di una politica familiare concreta), e che nel Piano non siano indicati né i tempi né le risorse di attuazione delle varie e appropriate linee di azione. Per decenni i pubblici poteri hanno “sfruttato” la famiglia, senza sostenerla; ora è tempo di restituire alla famiglia quel sostegno che la famiglia ha sempre garantito al bene comune, ponendosi come un insostituibile capitale sociale del Paese.Però qualcosa si può e si deve chiedere anche alle famiglie: occorre che ogni famiglia riscopra per sé una vocazione politica, di cittadinanza attiva, diventando un soggetto della vita pubblica, anche a livello della comunità locale. Occorre farsi sentire di più, come famiglie, come associazioni familiari, per fare pressione sulla politica, perché investa finalmente sulla famiglia. Occorre cioè una nuova cittadinanza attiva da parte di ogni famiglia, e le associazioni familiari hanno davanti a sé questo grande compito di mobilitazione e rappresentanza.Non dimenticherei che l’attenzione alla famiglia deve crescere anche negli altri attori sociali; in particolare il sistema delle imprese, i sindacati, il mercato devono uscire da una logica settoriale, e riconoscere la famiglia come un soggetto di pari dignità, e lo spazio di vita familiare come un luogo da cusotidre e promuovere, proprio perché è anche un attore economico, al cui interno si decidono scelte di consumo, di risparmio, di lavoro. Vorrei più sindacati a chiedere politiche familiari, e più imprenditori a promuovere condizioni di lavoro capaci di conciliare vita familiare e vita lavorativa. Sono certo che ne guadagnerebbe ogni impresa, la tutela dei lavoratori, il sistema Paese.

4) E i giovani che devono fare famiglia?

Anche per le nuove generazioni si apre un tempo di responsabilità: a loro toccherà costruire – o forse ri-costruire – questo Paese, attraverso il loro lavoro, il loro coraggio, la loro capacità di generare famiglie, figli, opere, imprese e progetti. Però questo nuovo protagonismo esige un vero e proprio nuovo Patto sociale, che finalmente metta al centro della politica e delle scelte del Paese una generazione che troppo spesso è quasi “invisibile”. Il Rapporto Giovani, in questo senso, potrà essere un prezioso strumento per dare voce ai giovani di fronte alla pubblica opinione e a chi ha responsabilità pubbliche. Non sprechiamo questa occasione.