Alessandro Rosina, coordinatore del Rapporto Giovani, è stato intervistato dal quotidiano “La Repubblica” in merito a un tema strettamente attuale, ossia la permanenza prolungata di un numero sempre maggiore di giovani italiani all’interno della famiglia di origine. Complice la crisi, ma anche la paura di saltare nell’ignoto, nel nostro paese ben sette milioni di under 35 continuano a coabitare con mamma e papà, rimandando sine die quel distacco che già in passato avveniva in età adulta.

 

“I genitori italiani considerano naturale occuparsi dei propri figli fino a qualunque età- ha sottolineato Rosina- nel senso che a differenza dei genitori anglosassoni o scandinavi non rivendicano una loro autonomia di coppia, o spazi finalmente liberi, a privilegiano piuttosto una solidarietà interfamiliare che non si interrompe mai”. Un accudimento assiduo, che varia dalla cena pronta alle camicie stirate, ai soldi quando ce n’è bisogno, ma nel piacere, arcaico e tutto mediterraneo, del tenere i figli con sé. “C’è una bassa conflittualità in questi clan di adulti, dove può capitare che ci siano addirittura quattro generazioni insieme. E’ evidente che tutto viene rinegoziato, la vita sessuale, il dormire fuori, a volte i figli danno un contributo economico, a volte no. Il dato collettivo- aggiunge Rosina- è che i giovani in famiglia si sentono liberi, nessuno si sogna di proibire che un fidanzato dorma in casa o di imporre orari di pranzi e cene. L’altro dato è che i genitori si fanno carico quasi di tutto”. Un forte sostegno alle nuove generazioni, “ma anche un condizionamento affettivo che non spinge certamente all’uscita, al salto nel mondo”.

 

Un realtà fotografata anche dal Rapporto Giovani, che ha certificato come anche in Lombardia la famiglia rappresenti l’unica certezza per la generazione dei “millennials”, vale a dire chi è diventato maggiorenne nel nuovo millennio. A volte la famiglia è una certezza che diventa un vero e proprio ammortizzatore sociale, soprattutto nel caso delle giovani donne: è il 10,1% che è stato costretto a tornare da mamma per difficoltà economiche (il dato si abbassa per i coetanei all’8,2%). Rispetto al resto degli italiani, i giovani lombardi lasciano la famiglia di origine più per sentirsi indipendenti (16,4% contro 12,9%), meno per motivi di studio (29,1% contro il 35,9%). Ma per migliorare le opportunità lavorative sono disposti anche a trasferirsi all’estero: il 45,9% contro il 42% del dato nazionale. Anche una quota rilevante di chi ha già un lavoro si dichiara disposto a trasferirsi oltre confine. Il valore è più alto per chi ha un contratto a tempo determinato (il 42,4% in Lombardia e il 38,2% come media italiana), ma che rimane rilevante (circa 1 su 3) anche tra chi ha un lavoro più stabile.