Vita.it ha pubblicato le riflessioni della blogger Serena Carta sul tema del volontariato legato all’ambito giovanile. Riflessioni scaturite anche sulla base dell’indagine “Giovani e volontariato”, realizzata da Ipsos per conto dell’Istituto Toniolo nell’ambito del Rapporto Giovani. Ecco il testo dell’articolo:

 

Di Serena Carta

Sette regole d’oro per conquistare le nuove generazioni. Il primo punto? «on date motivo ai giovani che frequentano la vostra organizzazione di pensare che li state sfruttando. Considerateli una risorsa che nutre l’associazione: i giovani sono fucine di idee da ascoltare»

 

Associazioni e volontariato giovanile: un rapporto difficile? Sembrerebbe di sì, almeno da quel che emerge dall’indagine “Giovani e volontariato” realizzata da Ipsos per conto dell’Istituto Toniolo nell’ambito del “Rapporto Giovani”, un progetto di ricerca avviato nel 2011 con l’obiettivo di osservare la condizione giovanile in Italia. Lo studio ci dice che il 64,7% degli intervistati – ragazze e ragazzi tra i 18 e i 30 anni – non ha mai fatto volontariato. Un dato che mi ha sorpreso; forse perché vengo da una città come Torino, dove i cittadini under 30 hanno sempre risposto con entusiasmo alle offerte di volontariato civico e sociale. A cosa è dovuto questo risultato? Cosa fanno di sbagliato le organizzazioni del non profit? Ma soprattutto, quali strategie dovrebbero adottare per coinvolgere di più i giovani? Dopo aver raccolto qualche parere tra chi di pane e volontariato si nutre tutti i giorni, ho provato a rispondere alla domanda con una lista di suggerimenti e buone pratiche indirizzata a dirigenti e operatori del terzo settore.

 

1. Valorizzate i giovani volontari. Non date motivo ai giovani che frequentano la vostra organizzazione di pensare che li state sfruttando. Considerateli una risorsa che nutre l’associazione: i giovani sono fucine di idee da ascoltare e da cui farsi ispirare, non solo mani e braccia pronte all’uso per fare raccolta fondi al banchetto in piazza ogni 24 dicembre.

2. Riappropriatevi della funzione educativa. Lo ha detto il direttore di Vita, Riccardo Bonacina: «Le associazioni e organizzazioni della società civile negli ultimi dieci anni sono venute completamente meno al loro impegno educativo. Ovvero non sono state più capaci di attrarre dal punto di vista ideale, appaltando la propria testa alle teorie del management e affidando le organizzazioni ai fundraiser». Siate propagatori di alternative culturali nei territori che presidiate: coinvolgete la popolazione più giovane per formare i cittadini di domani al rispetto del bene pubblico e al miglioramento della società.

3. Incoraggiate il protagonismo giovanile.  L’attività di volontariato presso le vostre sedi deve offrire un palcoscenico su cui potersi esperimersi. Chiamate a raccolta i giovani del quartiere dandogli la possibilità di essere propositivi e di fare quello che sanno fare meglio. Coinvolgeteli in progetti che hanno a che fare con la cittadinanza attiva, l’intercultura, la democrazia partecipativa, l’informazione, l’arte o lo sport. Invitateli a diventare megafono del cambiamento a partire da attività concrete, aiutateli ad assumere il ruolo di dialogatori e mediatori tra le diverse componenti della cittadinanza.

4. Sperimentate i linguaggi del web. Anche online si possono costruire relazioni: non fatevi spaventare dalle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, ma scopritele e studiatele come nuovi modi per interagire con la comunità di volontari (loro sono già tutti su Facebook, mancate solo voi!). Usate il web per raccontare e creare interesse intorno a quello che fate. Creare e curare la propria presenza online è anche segno di trasparenza e volontà di aprire le porte della propria associazione a un pubblico più vasto.

5. Create reti e sinergie. Collaborate con le altre realtà del territorio che si occupano di aggregazione giovanile, scambiatevi spazi, competenze e idee. Muovetevi al di fuori delle sedi istituzionali e invitate i volontari a scoprire il territorio in tutte le sue dimensioni. Andate nelle scuole e manifestatevi nelle periferie: non aspettate che siano i giovani a trovarvi, andate voi a cercarli, osservateli e intercettate la loro attenzione.

6. Nominate un “responsabile giovani”. Lavorare con i giovani richiede grande investimento di tempo e impegno. Nominate un “responsabile giovani” che diventi il punto di riferimento per i ragazzi e le ragazze con cui collaborate. Scegliete un loro coetaneo, qualcuno che venga considerato “uno di noi” e che organizzi le attività in maniera regolare e costante. A quel punto, lasciate che il gruppo di volontari adotti modalità e tempistiche non convenzionali: non c’è niente di meglio che organizzare la riunione settimanale in serata, a casa di qualcuno, mangiando una pizza e bevendo una birra per creare la giusta voglia di impegnarsi e rinnovare di volta in volta la motivazione. Le parole d’ordine devono essere amicizia, convivialità e divertimento.

7. Date fiducia. Tutto quello è stato scritto fin qui necessita di un ingrediente fondamentale: ai giovani volontari bisogna dare fiducia. Fate la scelta di investire nel futuro: ascoltateli, dategli delle responsabilità e stimolate così il ricambio generazionale